Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/319

Da Wikisource.

— 313 —


chi spenti, il suo viso invecchiato, e capiva che una crisi funesta, una rovina irreparabile, era accaduta in lui.

La maestra, accorsa anche lei, tastò il polso al malato e gli osservò la lingua e le gengive.

— Secondo il mio parere tu sei debole, e null’altro, figlio mio. La purga? Bene puoi prenderla; se non fa bene non fa male. Ma tu hai bisogno di carne arrosto e di vino d’Oliena.

Anche la signora Arrita lo prese per gli omeri e lo guardò fisso.

— Ti farò io un decotto di erbe, che rinforza i legamenti del cuore....

La maestra insisteva:

— Carne arrosto e vino d’Oliena....

Infastidito, egli si liberò delle due donne e dichiarò che voleva uscire. Allora Marielène e Sebastiana lo presero ciascuna per un braccio e lo condussero nella sala da pranzo, costringendolo a sedersi sull’ottomana.

— Andrò io dal Perrò, — disse Marielène, mettendogli un cuscino dietro le spalle. — Non pensarci, tu.

Ma gli occhi di lui si accesero, e Sebastiana capì che egli non approvava l’idea di sua moglie.

— Andrò io; non agitarti, — disse la