Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 163 — |
<<Ma che c’è di colpevole nel mio segreto?» mi domando ancora una volta; e d’impeto ho il desiderio di raccontare al pescatore le cose come stanno. Comincio col domandargli:
— Perché mi parlate così?
Un po’ con frasi dialettali, che ancora non capisco, un po’ coi gesti delle mani crostacee, un po’ con parole intelligibili, egli mi spiega:
— Perché la persona che sta in quella casa non è da avvicinarsi. Il suo male attacca col semplice alito, col solo stringersi la mano: il vento lo porta intorno, e bisogna starne lontani. E lei dirà: come va che i padroni di casa si tengono caro quell’inquilino? Io non m’impiccio nei fatti altrui, ma ho sentito dire che se il padrone è un bravo, un santo uomo, la moglie è una mezza arpìa, e forse spera che il malato, a quanto pare ricco, le lasci la roba. C’è poi questo: che il male in questione non si attacca alle persone più vecchie del malato, mentre acchiappa le più giovani.