Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/113

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Però quando sollevai gli occhi a guardare in viso la zia, essa mi sembrò brutta e deforme; più dello gnomo che se n’era andato.

Perché non voleva ch’io facessi il mio dovere, che era anche il mio piacere? Era una cosa tanto semplice, il farlo! Anche se io non riuscivo a trovare da lavorare e guadagnare, si poteva prendere con noi la creatura. Che cosa costava? Coi denari che ella voleva darmi per fuggire in America, si poteva allevarla. E perché mai la zia, che amava le sue bestie, che aveva preso me in pura perdita, non voleva la mia povera creatura?

Ma ella forse voleva combattere d’astuzia con l’ometto; e voleva anche vincerlo.

Bisognava dunque più che mai procurarmi un posto; non lontano, però; anzi lì vicino, il più vicino possibile.

Il domani mattina andai dal droghiere, per le solite spese. Era presto; lungo la strada ancora deserta s’allineavano le casse delle immondezze; eppure l’aria odorava di fiori, di mare, di resina.

Mi sentivo felice, come ci si sente nei primi giorni tiepidi dopo il raggrinzamento invernale.