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lo diede al ragazzo; e questo lo decifrò, mentre il cane gli si rizzava addosso come volesse leggere anche lui.
Poi vi fu una lunga spiegazione fra la donna e il ragazzo: infine questi mi tolse il lapis che avevo fra le dita, si piegò, e appoggiò il foglietto sul dorso del cane. Non dimentico questa scena. Il cane, un tozzo e terroso cane da guardia, stava fermo, quasi compiacendosi dell’uso che si faceva di lui, ma mi guardava di sottecchi, con uno sguardo malizioso e buono, fisso e attento: pareva volesse dirmi: sappiamo chi sei e adesso ti serviremo noi a dovere.
Infatti quando il foglietto tornò in mie mani lessi a stento queste parole: “Fiora è andata con la sua mamma dagli zii in Maremma”.
Dunque la donnetta non era la mamma? No, era la nonna, e il ragazzetto era figlio di uno dei mietitori che lavoravano nel campo. Tutto questo mi fu spiegato a cenni e con qualche parola scritta: ma di Fiora non mi riusciva di saper altro tranne che era in Maremma.
La Maremma è grande, ed io guardavo l’orizzonte attraverso la finestra come cercando il punto ignoto dove Fiora stava nascosta. Allora mi tornò la rabbia; non potevo però sfogarmi con la povera donnina e col ragazzo: mi venne