Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/132

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Una grave tenerezza mi vinceva: quel movimento, quelle luci attorno, mi davano un piacevole capogiro; pensavo di prendere il treno, ma di non fermarmi presso la zia: potevo proseguire in cerca di Fiora: consultai l’orario: quando sollevai gli occhi non vidi più i due mietitori. Il locale era pieno di gente; il padrone con tre bottiglie e tre piatti per mano non faceva a tempo a servire tutti.

Suonai più volte perché mi portasse il conto: egli sembrava più sordo di me. Stanco di aspettare, mi alzo e vado in fondo, verso la cucina: urto contro qualcuno; finalmente riesco a farmi capire: ma quando cerco i denari per pagare mi accorgo che non ho più il portafoglio.

Conservo un ricordo confuso come quello che si ha dei sogni, di quanto avvenne dopo. Mi colse una forte vertigine. Tanto che dovettero sostenermi e farmi sedere: tutti mi si affollarono attorno. Quando riuscii a riprendermi e a far intendere di che si trattava, vidi qualcuno sorridere come se io facessi per finzione.

Poi fui condotto dal Commissario di polizia.