Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/15

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Cadeva dunque la supposizione che il bambino fosse stato lì deposto da qualche donna che lavorava nei dintorni. Una stizza pungente finì d’irritare Davide: gli pareva che qualcuno, lì nascosto fra i rovi, lo vedesse col bambino in braccio e si beffasse di lui, ma nello stesso tempo gl’impedisse di rimettere il piccolo sperduto sulla polvere della strada, e abbandonarlo di nuovo.

Cominciò allora a gridare, come chiamando quest’uomo nascosto; l’eco sola rispondeva.

Non c’era altro da fare che prendere il bambino e condurlo in paese e consegnarlo al parroco o ai carabinieri o tenerselo in casa fino a ritrovarne i parenti.

E Davide rimontò sul calesse, adagiandosi bene contro il fianco perché non avesse a cascare un’altra volta quel fagottino nero del quale avrebbe volentieri fatto a meno.

— Andiamo — disse al cavallo, e il cavallo si rimise a trottare rapido per riacquistare il tempo perduto.

Davide adesso lo frenava: voleva esplorare la strada, in cerca di qualche traccia che gl’indicasse la provenienza del bambino; ma su quel tratto di strada pietrosa non si vedevano neppure le impronte delle ruote dei veicoli: quando la strada pianeggiava un poco pareva di camminare