Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/152

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Ma lei non pareva molto sorpresa; si assicurò che il foglio era veramente quello, poi me lo offrì.

Io feci cenno di no: no, non lo volevo. Ella guardò il padre; il padre prese il foglio, lo aprì, parve leggerlo: doveva saperne a mente tutte le parole, perché scuoteva la testa, con cenni di rimprovero e di sdegno: infine se lo rimise in seno e accennò alla figlia che mi dicesse qualche cosa di lei.

E lei arrotolò lentamente, accuratamente, la maglia intorno ai ferri, ficcò questi nel gomitolo e ripose tutto nel paniere.

Poi si volse, colle braccia sulla tavola, e mi guardò: e subito i suoi occhi mi sembrarono diversi.

Di sognanti s’erano fatti acuti, trasparenti; con dentro tanto verde e tanto azzurro come il mare in quelle mattine di autunno.

Anche la bocca era, dirò così, luminosa; le labbra strette e grasse, d’un rosso lucido di ciliegia, non lasciavano vedere i denti.

Nell’insieme ella rassomigliava a una bella gatta, con un fondo di passione sotto la sua aria placida.

Tentò di parlarmi: forse credeva che io arrivassi a sentire qualche parola come lei: ma il padre le accennò che bisognava scrivere. E io trassi il