Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/158

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come se volessero punirlo di aver troppo goduto del bel tempo: il nostro cortiletto diventava una vera cisterna; una fiumana di fango giallo allagava la strada. Rabbrividisco ancora al ricordo.

Bimbi ricoperti di sacchi, scalzi, passano diguazzando nell’acqua fangosa, come piccoli selvaggi venuti dal bosco; topi morti galleggiano qua e là, e la donna col carrettino del pesce torna indietro urlando per la paura: la sola nota comica è il carro con la botte per l’innaffiamento delle strade; la botte verdissima e fresca come un gran frutto acerbo si dondola un po’ sul carro, a pancia in su, e pare si compiaccia di tutta quell’abbondanza d’acqua per terra come l’abbia sparsa lei.

Io scrivo, nella mia triste cameretta: è così buia che devo avvicinare il tavolino alla finestra.

Scrivo, scrivo: una vera pioggia di parole, anche la mia, dall’anima torbida alla carta bianca; ma dopo che ho finito sento che neppure questo sfogo oramai mi basta più. Ci vuol altro! Mi riprende la smania di uscire, di andarmene lungo il mare, di mescolare il mio al suo tormento: esco, attraverso la strada allagata, vado giù verso il mare accompagnato dai rigagnoli dell’acqua sporca che pare voglia anch’essa tornare