Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/161

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D’un tratto fui preso da una grande timidezza. Non osavo più tornare dalla moglie del mio creditore, e ne davo la colpa al mio orgoglio, alla paura che ella mi giudicasse male per il male che avevo fatto, e credesse che io le confidavo le mie pene per farmi rimettere il debito, mentre in fondo sentivo che era ben altra la mia passione.

Me ne stavo di nuovo a casa, di nuovo con un senso misterioso d’attesa: solo la mattina presto andavo a far le spese per la zia, ma adesso sgusciavo di qua dalla strada per non passare neppure davanti alla drogheria. Non senza un gusto ironico tradivo il mio creditore anche col togliergli il guadagno delle nostre piccole compere; ma osservavo che la roba era più buona e a buon patto negli altri posti, e d’altronde la zia pareva contenta ch’io facessi così.

Non era certo lei a incoraggiarmi ad uscire e a mantenere le mie relazioni!

Dopo quel tentativo di avvicinamento, mi aveva di nuovo abbandonato a me stesso, senza trascurare nulla per il mio benessere materiale. Mi