Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/194

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della porta, e avevo l’impressione che quella notte, quell’attesa, non dovessero finir mai. D’un tratto vidi una massa nera rompere l’aureola gialla sotto il fanale e venire verso di me: dapprima credetti fosse il vecchio, anche lui stanco di spiare: poi mi alzai, con un brivido nella schiena. Era qualche cosa di misterioso che si avanzava verso di me: un essere tutto nero, più largo che alto, con la testa a punta; un po’ più grande e fermo sarebbe parso una capanna. In fondo lo riconoscevo bene e sapevo che era il nano, avvolto in un mantello sotto il quale nascondeva la bambina; ma ero come ubriaco e mi compiacevo ad esagerare la fantasticheria dell’avventura.

Ho detto "come ubriaco", ma ero anche peggio, con la mente sconvolta, invaso da una crisi di pazzia ragionante. Così e non in altro modo si spiega tutto quello che avvenne da quel momento in poi.

Il nano si fermò per un attimo in mezzo alla strada, forse per assicurarsi meglio, attraverso la nebbia, che ero proprio io ad aspettarlo davanti alla mia porta: sì; ero proprio io; e palpitavo di sincera commozione al pensiero che dentro quell’involucro misterioso mi veniva portata la mia creatura.