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Il bambino allora allungò il braccio e le accostò al naso il fiorellino: in quell’attimo ella ebbe l’impressione confusa che la vita e la natura volessero riconciliarsi con lei.
Ma ecco il "Mau", il gatto nero che si avanzava molle e silenzioso e le ruba subito l’attenzione e la tenerezza del bambino.
Dapprima i due si guardano, con curiosità diffidente, poi s’intendono subito. Il bambino offre esitando il suo fiore ad odorare al gatto; il gatto odora, ma non si commuove. I suoi occhi verdi come due foglie si sollevano con indolenza a guardare una farfalla che passa volando: anche il bambino la guarda; tutti e due hanno un lieve fremito, un desiderio di conquista; ma la farfalla è già lontana; essi tornano a guardarsi; il bambino allunga il suo piccolo indice per toccare il musino umido del gatto: non osa, però, finché Bona non gli prende la manina e attirando a sé la bestia gliela fa accarezzare tutta. Allora il bambino ricomincia a ridere di piacere, di gioia, e pronunzia finalmente una parola:
— Tata!
— Tata! Chi è? La nonna, la zia, la balia? La mamma non può essere, perché la mamma si chiama solo col suo nome. Mamma!
— Di’ mamma, Elis, mamma.