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so i suoi stridi parevano quelli di un bambino appena nato, dolorosi e incoscienti e senza ragione.

— Che hai? Che hai? Ti senti male?

Madlen volse il visetto livido contro il guanciale, sotto la matassa intricata dei capelli oleosi, e parve vergognarsi del suo pianto. La madre la rivolse in su, la sollevò, le aggiustò il giaciglio: poi le fece bere un po’ di caffè freddo con acquavite: e credette che la piccola avesse la febbre, perchè toccava con ripugnanza la pelle d’orso e diceva:

— Levami questo, levami questo: ho paura.

— Di che hai paura, piccola stella? L’hai tenuta sempre addosso, e ti piaceva. Adesso avrai freddo.

— Non vedi che c’è l’orso? — strillò Madlen, con terrore, torcendosi tutta.

— Va bene, me la metterò io, — disse la sorella maggiore, tirando giù dal lettuccio la pelle calda: e vi si sdraiò subito a pancia in aria come un gatto al sole.

La madre credeva che Madlen avesse la febbre forte; forse era al termine della sua malattia e doveva andarsene. Bisognava avvertire la vecchia.

Di solito era la vecchia, che curava i malati; nella sua tenda esisteva un piccolo reparto farmaceutico, e lei distribuiva continuamente il chinino agli zingari, e preparava unguenti