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Strade sbagliate 287

dere: forse ha trovato nella malata un soggetto speciale, e lo accoglie con gioia, come una fonte di nuovi studi. Volge l’orecchio verso di lei, per ascoltarne meglio la voce.

— Lei, signora, adesso risponderà semplicemente alle mie domande. Lei quali sintomi, oltre quelli da lei vagamente indicati, sente? Ha palpitazioni, senso di soffocamento, freddo alle estremità?

— Sì, sì, — ella risponde con ansia. E maggiore è la sua ansia, maggiore è la soddisfazione di lui.

— Benissimo. Benissimo. Sente lei l’assenza assoluta di volontà a vincere la sua angoscia?

— Sì, sì.... Ma mi spieghi lei, perchè?...

— Le spiegherò dopo. Sente lei....

E dopo il lungo interrogatorio egli spiega alla donna ansiosa il mistero della sua malattia.

— Lei crede di essere pazza, e la sua pazzia consiste nel credersi tale. Lei è come uno che ha lasciato la strada dritta e sicura per inoltrarsi in un’altra che gli pareva più breve e piacevole. E invece si è smarrito; è in un labirinto boscoso e pietroso dal quale crede di non poter più uscire vivo. Cadono le tenebre e il terrore aumenta. L’uomo corre, cerca tutte le uscite, torna indietro, si aggira intorno a sè stesso, chiama aiuto, e il suono stesso della sua voce gli sembra la minaccia di un nemico. S’egli si buttasse a terra e facesse