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La sedia 45


Racconto la mia vicenda, e prego l’operaio di prendere con suo comodo la sedia e portarmela a casa.

La donna s’era sollevata e rideva, con gli occhi ancora pieni di lagrime. Era una bellissima ragazza bruna, alta, con le labbra che parevano tinte; ed io intesi la giusta gelosia del piccolo operaio.

Per non disturbarli oltre tirai avanti: e passò bene del tempo prima che la sedia arrivasse sana e salva a casa. Per castigo delle tribolazioni che mi aveva procurato la feci mettere in cucina, dove del resto parve subito troneggiare nel vero senso della parola; poi volli dare una piccola mancia al giovine operaio; egli però se ne schermì, non solo, ma si profuse in ringraziamenti.

— Lei non sa, signora, che m’ha salvato forse la vita, certamente la libertà, perchè stavamo sul punto di accopparci, con la ragazza. Crede lei che la scena di gelosia la facessi io? La faceva lei, e ci aveva il coltello con la punta in fuori giù dentro il pugno. E io perdevo il lume degli occhi. Che vuole? Eravamo stanchi tutt’e due, perchè anche la ragazza lavora da sarta; e quando si è stanchi si litiga anche senza ragione. E così siamo andati a cercare la sedia, ci si è seduti un poco, in quel bel sitino all’ombra, dove non c’era nessuno, e abbiamo fatto pace.