Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/224

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simo: un silenzio tutto suo, di lei; e l’occhio di Dio, qui, era fisso solamente su di lei, con l’occhio stesso del sole che penetrava benigno e radioso dalle finestre aperte.

Dopo essersi cambiata il vestito, andò a rivedere d’istinto il suo compagno.

«Giacomo, — gli disse, con quella sua bassa e quasi dura voce, che aveva però come le scintille del basalto percorso dall’acciarino; — sei contento di me, vero?».

Null’altro; ma anche lei era contenta: aggiustò le cose intorno al ritratto, le sedie, gli oggetti sulla mensola, il fiore bianco nel vasetto prezioso: tutto come aveva veduto fare dalla suora bianca-nera intorno all’altare della chiesetta. Socchiuse infine le persiane: vide riflesso nei vetri il mattino festoso, con l’azzurro, il verde, il giallo dei colori esterni, con sagome liquide di alberi e di case; e le parve che la città dov’ella viveva fosse quella, tutta di cristallo, inconsistente eppure intatta, come una città sepolta dal mare.

Una felicità che si accordava pienamente con questo fantastico clima le cullava l’anima: e di nuovo le sembrava di essere ancora fanciulla, ma quando tornava dall’essersi confessata e comunicata, e per tutto il resto della giornata restava sospesa nella fluida ubbriachezza della presenza di Dio nella sua carne mortale: così do-