Pagina:Deledda - L'ospite, Cappelli, 1898.djvu/110

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— Mikela? — chiamò don Evno. — Mikela, stai molto male?

E siccome essa non rispose, pensò con terrore, involontariamente, al vuoto che la fanciulla, morendo, avrebbe lasciato nella casa.

— Mikela, come stai? — Si chinò e le prese il polso. Benchè aggravata da un peso insuperabile e da visioni strane, Mikela si accorse che don Evéno le toglieva il fazzoletto.

— Zio... Evéno... non ho potuto... — mormorò. Forse accennava al fazzoletto.

— Cosa non hai potuto? — domandò egli con dolcezza.

Ma subito Mikela vide una processione, e dei cavalli che correvano dietro, pronti a calpestare le donne delle ultime file, e si spaventò.

— Date attenzione... sciocchi... Perchè? Non vedete la gente... San Mauro mio!... — gridò con angoscia.

— Sta male! — pensò don Evéno. Si sedette su uno sgabello di noce, vicino al divano, e posò la sua mano sulla fronte scottante di Mikela, guardando ai vetri leggermente rossi nell’ultimo crepuscolo. Poi suonò perché portassero il lume.

Per una settimana Mikela restò a let-