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denti stretti, nervoso e impaziente. Mentre Mallena usciva con la piccola bisaccia a fiorami, dove aveva collocato qualche cosa, don Evéno, servito dalla nipote, prese il caffè nella frescura del cortile.

Fidele legò la bisaccia alla sella, e bestemmiò sottovoce contro Mallena, poi attese con la staffa in mano, borbottando.

Ma don Evéno gli disse:

— Fammi il santissimo piacere di levarmiti dai piedi!

Fidele sorrise e spalancò il portone, mentre il dottore montava sveltissimo in sella. Mikela uscì correndo e guardò lo zio; aveva una pazza voglia di gridargli una cosa, ma non potè dir altro che:

— Tanti saluti e buon viaggio!...

Don Evéno non rispose, e chinandosi sulla sella per passare sotto l’arco di granito del portone, impallidì mortalmente.

— Dio l’accompagni! — disse Fidele.

— Il diavolo permetta che vi rompiate l’osso del collo — pensò, chiudendo con fracasso il portone.

— Vieni con me — gli disse Mikela.

— Dove, signorina?