Pagina:Deledda - La casa del poeta, 1930.djvu/158

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porte, le finestre della casa scricchiolarono, anzi parve dovessero cadere, spezzati e abbattuti da misteriosi colpi di ascia. Il padrone accese il lume e rassicurò la moglie.

— Si prevedeva: era troppo caldo. Per fortuna è tutto chiuso bene.

— Spegni, spegni, — disse lei, — passerà.

Non poterono però riaddormentarsi: non solo, ma l’uomo dovette riaccendere il lume e la donna si sollevò rabbrividendo, perchè agli urli del vento e ai gemiti delle finestre si unì un fievole ululato che pareva quello di un lupicino chiuso in qualche camera della casa. Cessò un momento, poi riprese più forte, spento di nuovo dallo scoppio di un tuono; e quando l’ultimo brontolìo di questo fu a sua volta ingoiato dal turbine, l’ululo si fece chiaro e sboccò in pianto umano.

— È quella stupida di ragazza — disse allora il padrone, fra sdegnato e contento; e anche la donna sospirò: perchè, senza volerlo, senza confessarselo, entrambi avevano creduto ad una voce soprannaturale, di qualche spirito o di qualche sconosciuto animale rinchiuso nella casa.

Continuando il lamento, la signora scivolò giù, pesante e svogliata, dal gran letto matrimoniale. Santa pazienza! Ella ricordava d’istinto quando, altre e altre volte, si alzava, di notte, percossa da qualche rumore nelle camere dei ragazzi: e ancora le doveva rimanere nel sangue stanco e