Pagina:Deledda - La casa del poeta, 1930.djvu/165

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alte vette? — sorrise, finalmente, ma con un sorriso spettrale, che lasciò vedere tutti i suoi denti fino ai molari cerchiati d’oro.

— Che vuole? L’acido urico è come il bisogno: costringe il vecchio a camminare. Si va a far due passi sulla rena calda.

Segni e gridi di protesta.

— Ma che dice? Lei è giovane e bella e fresca come una rosa.

Ella scosse l’ombrello, per scacciare i complimenti e le mosche marine, mentre una signora si faceva il dovere di domandarle:

— E l’inverno, com’è stato, qui?

— Bellissimo. Si figuri che nonostante l’impianto del termosifone, nella villa, l’acqua si gelava nei bicchieri. Le palme e i fichi sono morti: morti gli uccelli. E da loro?

Intervenne pronto lo scalzo:

— Morti, di polmonite, moltissimi imbecilli. Ma anche padri di famiglia e bravi galantuomini. Fra gli altri, forse lei lo saprà, è morto Mario Filippi.

— Oh, poveraccio. No, non lo sapevo. Mi dispiace. Era giovane ancora.

La voce di lei era la stessa: calma, calda e distratta: negli occhi, però, fissi adesso in quelli curiosi e scrutatori dell’uomo scalzo, s’era accesa una luce indefinibile di gioia e dolore assieme.