Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/153

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a bada la mia clientela, se io avessi salassato bene anche nella borsa i miei malati, avrei tenuto alto il mio prestigio, adesso non sarei come un vecchio operaio disoccupato. Invece sono stato sempre onesto e generoso; e se un salasso non era necessario non lo facevo, e se non conoscevo abbastanza bene la malattia per la quale la buona gente ricorreva con fiducia a me, li mandavo dal dottore laureato. Una volta venne da me una donna benestante, dei paesi di montagna: aveva paura di avere un cancro, e a tutti i costi voleva che la operassi di nascosto, perché al suo paese la sua malattia era vergognosa come la lebbra. Rifiutai. Ella non aveva che male di nervi, fissazioni, fobie. Ebbene, ella andò da un altro, che le portò via una fetta di mammella e si beccò mille scudi: e poi raccontava la cosa e rideva. Il mondo, cara mia, è fatto di furbi e di imbecilli. E il tuo biondino, dunque?

Concezione palpitava: le sembrava di essere stretta da una mano invisibile; ma non era quella di Aroldo, povera mano bruciata dal lavoro e timida come quella di un bambino: era quella dell’illusione. L’illusione che il dottore dicesse il vero, che l’esempio raccontato da lui fosse adattabile al suo caso: che i dottori dell’ospedale l’avessero ingan-