Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/165

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macchie di ginepro, ha qualche cosa di ambiguo, di brigantesco, che fa pensare al passaggio sotterraneo accennato dal flebotomo fantasioso. Eppure le piacerebbe di scoprirlo, questo passaggio, se non altro per nascondersi in caso di bisogno: e si aggira per la chiesetta, premendo qua e là col piede il pavimento polveroso: guarda anche intorno e sotto l’altare, tasta le pareti; infine si fa rossa e si vergogna, poiché le sembra che la Madonnina, dall’alto della mezza luna, la guardi con fredda ironia. Come può essere, Maria Concezione, stolta creatura, che io resti quassù, sopra un pozzo colmo di peccati mortali? Oh, no, me ne sarei andata da un pezzo; e tu, stolta, va, torna al tuo lavoro, smetti le tue oziose fantasticherie.

Ed ella tornò nella casetta, preparò le sedie, il caffè, i biscotti, per le visite: desiderò che venissero anche madama Peperona e le altre mendicanti, per far loro l’elemosina; spazzò e innaffiò davanti alla casa, rincorse e richiuse nel recinto una gallina che ne era evasa e vagabondava stolta come lei. Giungevano dall’abitato i suoni delle campane, gli spari della gara di tiro a segno, musiche lievi di fisarmonica: ma parevano irreali, come provenienti da un paese che non esisteva se non nella fantasia di lei, come i suoni che