Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/109

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Fu come un raggio di sole in una giornata sia pure calma e tiepida, ma grigia e uniforme: e grigio, tiepido, ma fermo e grave era quel giovedì santo, con gli alberi coperti di piume verdi, e le montagne tigrate melanconiche come belve assopite. D’un tratto però il cielo si aprì; una spada d’oro sfolgorò toccando il mandorlo dell’orto che si coprì di perle: e i monti buttarono via, definitivamente, le loro pellicce invernali.

Un piccolo uomo d’età e di condizione indefinibili, ancora smilzo nel suo cappotto nero di vecchio taglio, ma attillato e pulito, con una bombetta lucida sulla testa piccola irrequieta come quella di un uccello, i guanti, il bastone, le scarpe di coppale, entrò nella chiesetta, piegandosi, senza inginocchiarsi, sopra il santo Sepolcro: ma pareva lo facesse più che altro per osservare il tappeto, del quale aggiustò un lembo con la punta del bastone, e per sentire l’odore dei fiori; poi andò dalle donne. Anche lì si guardò bene attorno, con un lieve fiuto, e disse con voce un po’ tremula: