Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/139

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vani, e interrogò Pietro con benevolenza: ma egli rispose riprendendo la sua aria diffidente e beffarda.

— Ho duecento pecore, tutte mie: non sono le vostre greggie, ma insomma non sono poi duecento accidenti. Si campa. E poi nonno ha pure lui qualche cosa: non sono le vostre ricchezze...

— Oh, ragazzo, smettila, — disse lei bonariamente; — non si pigliano in giro le persone anziane. E tu poi, agnello mio, hai una ricchezza che pochi re posseggono.

— Abbiamo capito — intervenne l’altro, non senza una punta di gelosia; — è la gioventù; che è anche la bellezza dell’asino.

Pietro gli diede un pugno sulla spalla; al che Paolo si raddrizzò e parve ingoiare una pietruzza; ma fingeva, e si sentiva contento lo stesso. Dalla porta spalancata si vedeva, attraverso il merletto scintillante degli alberi, un lembo celeste di montagna e di cielo; e la lontana voce del cuculo diceva di luoghi segreti, di angoli morbidi e ombrosi di bosco, ove sarebbe stato per i giovani aspiranti, infinitamente dolce baciarsi con Maria Concezione. A lei però, che si era di nuovo piegata sulla sua tela, e pareva rifletterne il grezzo pallore sul viso, il lamento del cuculo scavava intorno un vuoto improvviso, freddo e solita-