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senso profondo di solitudine glaciale. Anche la chiesetta, alla quale si entrava per mezzo di un usciuolo comunicante con la piccola sagrestia, sembrava scavata sotterra, tanto era fredda e umida; il barlume della lampadina accanto all’altare, e quello della lunetta polverosa sopra la porta, ne accrescevano la tristezza, ma, aperta la finestra, un chiarore cilestrino che veniva dall’orizzonte schiarito sopra le lontananze della valle, fece apparire meno gelido e desolato il povero santuario. Nulla lo adornava; il tetto era di assi come quello di una capanna; un sedile in muratura, lungo le pareti, faceva le funzioni di panca. Ma quasi ricco era l’unico altare, con una tovaglia ricamata, lungo e prezioso lavoro di Concezione: dieci candelabri di vetro dorato, con grossi ceri a scala, cinque per parte, facevano ala alla statuetta in legno della Madonna della solitudine.
E la solitudine più iperborea e sconfinata pareva pronta a sfidare, questa Madonnina quasi fiera, tutta scura e rigida nella sua nicchia azzurra macchiata d’umido, che dava l’idea di una grotta marina, ma di quelle che appaiono fra le nubi, in uno squarcio di cielo di sera tempestosa: uno spicchio di luna sosteneva infatti i piedi della bruna immagine, ed era la sola cosa di sereno che ne rad-