Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/187

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fissazioni che a voi non si convengono: questa, per esempio, di pretendere di voler bene a Concezione, e intanto desiderarle e tramarle una infelicità senza rimedio.

— Io? Signor prevosto!

— Io non sono prevosto: e adesso vi parlo da semplice cristiano: lasciate in pace la povera creatura.

Essa fa il suo dovere; assiste la madre, vive, si può dire, per la madre: e, quando può, fa opere di pietà. Non domanda altro. Lasciatela in pace.

La faccia accesa della donna si smorzò: lagrime di rabbia, di umiliazione, ma anche di tenerezza, le velarono gli occhi. Non riusciva a capire come ella volesse il male, l’infelicità di Concezione; lei che era disposta a lasciarle la sua roba, la sua casa, persino il suo letto. E lo disse: ma camminando sempre a lenti brevi passi, Serafino si volse e la fissò in viso.

— Va bene, — disse; — voi potete anche farlo, quando sarà l’ora; ma non pensate, neppure per sogno, che nel vostro rispettabile letto Concezione possa dormire con vostro nipote. — Ella spalancò la bocca, mostrando i forti denti quasi come faceva lo scemo.

— Ma perché?

— Ma possibile, donna, che non intendiate? Anzitutto perché vostro nipote non dovrebbe