Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/253

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ha per te l’odio di Caino: e anche lei non ne ha colpa.

— Nessuno ha colpa dei proprî mali; ma è meglio evitare le tentazioni.

Egli si batté un pugno sul ginocchio e riprese, alzando la voce:

— No, non me ne vado. Perché ho commesso una debolezza devo essere sempre debole? S’impara più dai propri errori che dalle proprie virtù.

— Il brigadiere...

— Io me ne infischio, del brigadiere. La cattiva figura l’ha fatta lui, ed io non ci posso niente. Che ha da rimproverarmi? Sono stato malato: adesso sto meglio: domani tornerò a presentarmi all’impresario e, se mi vuole, riprenderò il lavoro. E se no, cercherò altrove; tornerò a fare l’arrotino, se occorre, e penserò a mia madre come fosse ancora viva e ancora dovessi aiutarla; e questo, sì, davvero, mi salverà dalle tentazioni.

— Anche Serafino desidera che tu te ne vada.

— No — egli grida; poi torna a piegarsi, come spaventato dalla sua voce. — Perché devo andarmene? Quella donna non esce mai di casa sua, ma venisse anche a cercarmi per le strade saprei metterla a posto. Io le sono riconoscente di quanto ha fatto per me, e se