Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/34

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Inoltre fu bussato alla porta; ed ella, senza sorpresa né curiosità, andò ad aprire. Apparve un uomo che, per la grossezza, occupava tutto il vano della piccola apertura: era vecchio, ma con una testa possente: circondato da una folta barba a collare, mista di nero, bianco e fulvo, il viso pareva la maschera di un satiro, col naso largo e gli occhi dorati e selvatici di cinghiale coraggioso. Indossava un cappotto corto, di panno ruvido, con un grande cappuccio calato sulle spalle; e pareva che anche da vecchio continuasse a crescere, poiché dalle maniche scappavano i polsi nudi e le mani da pugilatore. Si tirò alquanto indietro sulla testa calva il berretto di panno e poi se lo ricacciò sulla fronte fin sulle irsute sopracciglia: era il suo modo di salutare.

Aroldo si scostò, come per lasciargli posto alla tavola; ma l’uomo, chiusa la porticina, vi si sedette quasi addosso, su uno sgabello troppo piccolo per lui, e si mise una mano all’orecchio peloso per sentire meglio le parole di presentazione della vecchia Giustina.

— Questo è il nostro amico Felice Giordano: e questo è il nostro amico Aroldo.

L’uomo, che doveva sapere qualche cosa del forestiero, disse subito con una voce straordinariamente sonora, ma anche aggressiva:

— Cognome non ne ha? Tutti amici, —