Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/48

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tare, e presto. Tu hai creduto che scherzassi proponendo per tua figlia uno dei miei nipoti. Non sono poi dei bambini come dice la superbona: hanno compiuti i ventitré anni e sono bravi e forti in tutto. Pietro lavora già per conto suo: ha cinquanta vacche, e le fa fruttare come cinquanta tesori. Paolo è con me, e lavora giorno e notte senza mai stancarsi. Buoni tutti e due, senza vizi, sani e coraggiosi. Ed io voglio Maria Concezione per uno di loro.

— Voglio! Bisogna vedere se vuole lei, — disse la madre, che non sapeva se rallegrarsi o no.

— O l’uno o l’altro. Scegliere.

— Già, come si sceglie il frutto più maturo. Ma sai che vai per le spiccie, fratello mio? Se neppure conosciamo bene i due ragazzi.

— Ti ripeto che sono due giganti, belli e gagliardi. Gente tutta brava, siamo noi; si conosce la nostra vita fino alle radici, e abbiamo in casa un sacerdote; quale famiglia è più onorata e laboriosa? Anche mia figlia, la madre dei ragazzi, lavora come una serva: sempre a far pane, a lavare i panni, a preparare il cibo, a cucire e badare alla casa. Serafino, il nostro prete, vorrebbe farla aiutare da una serva; ma lei non vuole donne estranee in