Pagina:Deledda - La chiesa della solitudine, 1936.djvu/75

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— L’avvocato? Tre, ne ho avuto, che mi hanno rosicchiato le ossa fino al midollo. I primi ad essere inforcati dal tridente di fuoco, nel giorno del Giudizio, saranno loro. E li morderò, anche, perché i denti mi rimarranno apposta anche dopo morta, tanta rabbia ho contro quei malfattori. Per adesso l’avvocato delle mie cause sono io: e non ho bisogno di carta né di penna: ho la lingua, e basta.

— Calma, comare Maria Giuseppa: pigliate una tazza di caffè, che vi riscalderà e vi farà bene. E datemi notizie di vostro marito.

— Mio marito sta bene. Sordo come una pietra, beato come un angelo del cielo, non si preoccupa di altro che della sua pipa, lui. Seduto tutto il giorno davanti al fuoco, non pensa agli affari di casa, no: ma di lui vi racconterò dopo: adesso ho fretta.

Sbuffante, accaldata come in un giorno estivo, per poco non versò addosso all’ospite la tazza di caffè che questa le porgeva: poi, con un gran botto, mise sul tavolo il cestino tratto dalla bisaccia.

— Questo per Maria Concezione. Che fa, la bambina?

Per lei, come del resto anche per la madre, Concezione era sempre una bambina; e comare Giustina s’intenerì.