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ingiustizia mi veniva fatta, e domandavo a Dio perchè ci crea con tanto desiderio di vita e poi ci priva di essa nella sua forma essenziale. Eppoi ero anche intelligente, pur troppo, anche senza aver studiato e vivendo in mezzo a gente povera e ignorante. Il nostro paesetto era diviso in due classi di abitanti infinitamente diverse fra loro: pastori e muratori. Gli uni e gli altri emigravano, dandosi il cambio, i pastori d’inverno, i muratori nella buona stagione: i primi scendevano col gregge in paesi più caldi, gli altri partivano in marzo, quando le giornate si allungano; venivano per lo più a lavorare in città. Io seguivo col desiderio gli uni e gli altri, presa dal bisogno di andare, andare, non sapevo dove, pur di andare: intanto mi toccava di far pascolare le pecore, triste e rassegnata come loro.
«Mio padre era muratore, capo mastro, anzi, e andava via anche lui tutti gli anni, a primavera; la mamma, ch’era sempre sofferente per una sinovite, custodiva la casa, io custodivo il piccolo gregge. Il babbo scriveva appena arrivava in città, poi mandava