Pagina:Deledda - La fuga in Egitto, 1926.djvu/148

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La farina però scappava da tutte le parti, e quella già intrisa d’acqua gli si appiccicava alle dita, dispettosa e vendicativa. In breve le sue mani parvero coperte di guanti di lana bianca, e la farina che disperata sfuggiva anche dall’asse gli si versò sul davanti del vestito.

Fu un momento difficile: egli si guardava desolato la giacchetta, senza osare di toccarsi con quelle sue dita mostruose; poi ricordò che di nulla oramai aveva più paura nella vita, e piano piano con una mano liberò l’altra dall’involucro della pasta; con tutte e due raccolse nel centro dell’asse l’esercito sbandato della farina, versò altra acqua e le sue dita strinsero fieramente e costrinsero alla compattezza la materia ribelle.

E a furia di sospiri e di forza, e di dolore della palma della mano destra, la pasta dura e legnosa fu ridotta elastica: tirata e ripiegata, arrotolata e distesa di nuovo, a poco a poco si abbandonò, divenne calda e infine rotonda e morbida come un seno di donna.

Allora egli riprese il coltello piccolo e raschiò l’asse dalla patina che vi era rimasta; tagliò una fetta della pasta e arrotolandola e tirandola la ridusse a una lunga biscia bianca che il coltello si affrettò a tagliare in piccoli pezzi come si trattasse davvero di una bestia pericolosa. Poi i piccoli pezzi scavati con l’indice come lunghe conchiglie formarono gli gnocchi: e il loro eser-