Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/97

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Se aveva altro da dirle? La guardò a lungo, e mai, come in quel momento che gli sfuggiva, gli parve più bella e delicata. Avrebbe voluto ancora dirle tutto il desiderio straziante e ineffabile che sentiva, non più delle sue mani soltanto, ma delle sue labbra, del suo viso, di tutta la sua anima; avrebbe voluto dirle tutto ciò, ma senza parlare, chiudendola fra le braccia desiose e portandola sul verone, sotto la bianca luce della via lattea e dei grandi astri azzurri della notte autunnale.

Ma ella gli sfuggiva, e fra loro s’ergeva l’insuperabile fantasma del morto che a lei gelava il sangue, e che l’avrebbe fatta gridare di orrore se in quel momento la mano del vivo avesse osato sfiorarla. Egli lo sentiva bene; tacque e non si mosse.

— Giacchè vuoi che ora non risponda nulla, me ne vado — disse ella. — Ora va e riposati, chè sei stanco, e la veglia potrà nuocerti. Buona notte.

S’allontanò, ed egli rimase con la mano sempre aperta sul tavolino, e gli occhi splendenti.

— Ci rivedremo domani mattina, prima che me ne vada. Buona notte — ella ripetè, uscendo senza voltarsi.

— Buona notte.

Stefano accese un’altra sigaretta e tornò sul balcone. Non sperava più, e sentiva una profonda impressione di vuoto, un disgusto di se