Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/27

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E ricominciò a lamentarsi.

— Ma, diavolo!, disse Stefano, — noi pure dobbiamo pagare le imposte, lo sapete bene! Ho avuto tanta pazienza!

— Sì, lo riconosco e la ringrazio: ma, com’è vero Cristo, non ho potuto trovar altro! Cioè, sì, se ne avessi voluto, eh, ma...

Un sorriso misterioso gli sfiorò il volto bluastro. Abbassò la voce e disse che i Gonnesa gli volevano dar mille lire per deporre il falso nel processo dell’assassinio di Carlo Arca.

Stefano ebbe negli occhi un lampo d’ira, ma subito capì che il compare mentiva. Perchè mentiva? Lo comprese dalle parole del pastore:

— Io non sono teste, non ci risulterò, ma se risulterò, dirò la verità, magari caschi il mondo e apparisca Gesù Cristo a piedi in terra! Eh, Arcangelo Porri non si vende per duecento scudi, e neppure per trecento, e neppure per tutto il denaro di questo mondo e dell’altro!

Stefano aggrottò le sopracciglia, quelle energiche sopracciglia color di corvo che facevano un sì vago contrasto sul suo volto di bimbo, e domandò:

— E cosa sapete voi?.

Dopo qualche riluttanza Arcangelo rivelò il segreto: Saturnino Chessa, il bandito processato, gli aveva un giorno confidato che i Gonnesa