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Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/32

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un braciere ricolmo di brage velate di cenere bianca; sul tavolo la fiamma di una lucerna di vetro ad olio d’olivo metteva in piena luce un cofanetto d’asfodelo pieno di lavori femminili, un giornale spiegato e una piccola Imitazione di Cristo con un nastro nero per segnalibro, e illuminava le scialbe pareti; ma sul pavimento si allargava l’ombra del tavolo con quella del cofanetto da lavoro.

Stefano capì di trovarsi in una stanza da pranzo, ma, benchè la rassomigliasse a tante altre stanze del villaggio, vi sentì subito qualche cosa d’insolito; una gran pace e una grande innocenza, velate da rigidità mistica e dolorosa. E guardò avidamente ogni cosa, cercando la causa che dava quella speciale fragranza all’ambiente; poi si sedette stanco su uno sgabello e, per la corsa fatta, per il fresco sentito fuori e per il tepore del fuoco che ora lo avvolgeva, provò un lieve, ma doloroso peso al capo; le tempia gli batterono e una leggera vertigine sonnolenta ricominciò a offuscargli lo sguardo. Tuttavia, quando Maria entrò, visibilmente sorpresa e spaventata per la strana visita, egli nitidamente percepì in lei la causa del mistico e melanconico raccoglimento della vecchia casa patriarcale: s’avvide anche del turbamento della cognata e sorrise, ma quasi inconsapevolmente, come si sorride sognando.