Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/58

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musci.... — chiamò poi, e Speranza gli fu sopra. — Non piacciono a te i gatti, Maria?

— Altro! Ne ho uno così piccino, color cenere, con gli occhi.... mostrate, ecco, ha gli occhi eguali a questi! — esclamò, sollevando la testolina di Speranza, che serenamente la fissò coi suoi grandi occhi verdi cristallini. — Oh che bella gatta, oh, che bella!

Don Piane sorrise ancora: almeno per il momento egli era pienamente conquistato.

Poco dopo ritornò Serafina con la blusa e con la calzetta di Maria, e avvedendosi della buona relazione stabilitasi fra il vecchio padrone e la padrona nuova, sporse tanto di muso.

— Cosa ti disse la mamma? — domandò Maria infilandosi la blusa.

— A me? Niente! — rispose l’altra sgarbatamente, andandosene.

— Ti ho detto di camminare e parlar piano — disse Maria, e rivoltasi al suocero gli impose: — Diteglielo voi. Ecco che Stene si sveglia.

— Oh, Dio! — esclamò il vecchio tutto mortificato, e gli parve d’odiar Serafina quanto prima odiava la nuora.

Maria intanto s’avvicinava a Stefano, che domandava piano, piano, ma con qualche inquietudine:

— Che cosa c’è? Chi c’è?