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la via del male 13


Pietro Benu spinse la porta ed entrò.

— Volevo parlare con zio Nicola.

— Ora lo chiamerò. Siediti.

Il giovane sedette davanti al focolare spento, e zia Luisa uscì nel cortile e salì la scala col suo passo lento e grave.

La cucina rassomigliava a tutte le cucine sarde; larga, col pavimento di mattoni, e il tetto di canne annerite dal fumo; grandi casseruole di rame lucenti, arnesi per fare il pane, spiedi enormi e taglieri di legno pendevano dalle pareti brune. Su uno dei fornelli praticati sul grande forno semicircolare bolliva una piccola caffettiera di rame.

Sopra uno sgabello, vicino alla porta, Pietro osservò un canestro d’asfodelo col necessario per cucire e una camicia da donna con un ricamo sardo appena incominciato. Doveva essere il lavoro di Maria. Dov’era a quell’ora la fanciulla? Forse era andata a lavare, nel torrente della valle, perchè durante il tempo che Pietro stette lì ella non si lasciò vedere.

Solo, dopo un momento, rientrò zia Luisa, bianca, impassibile, con la bocca stretta e il corsetto allacciato nonostante il caldo soffocante; e il passo d’un uomo zoppo risuonò nel cortile.

Appena il giovane servo vide la figura bonaria, il viso colorito e gli occhi brillanti di zio Nicola, si rallegrò lutto.

— Come va? — chiese il proprietario, sedendosi con qualche stento su una larga sedia di paglia.