Pagina:Deledda - La via del male, 1906.djvu/179

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la via del male 177


— Come ero stupido! — pensava. — Avrei potuto esser felice e non ho voluto. Ah, il giorno in cui ella venne nella vigna! Avrei potuto diventare il suo amante, costringere i suoi parenti a lasciarci sposare, e invece... invece sono stato stupido come un fanciullo... Ma guai, guai! Io ero simile al cane che dorme: voi mi avete svegliato con una sassata... Ah, tu non hai voluto aprire la tua porta, Maria Noina: è giusto, tu sei la padrona, io sono il servo. Ma bada a te, donna: tu ti sei presa gioco di me, ti sei divertita; hai voluto i miei baci, ed ora mi chiudi la porta; sei stata furba, ma ora mi insegni... Sarò astuto anch’io...

Ma mentre pensava così sperava ancora. Ah, se avesse saputo scrivere!

— Ritornerò, — pensava. — Verrà l’inverno, dormirò ancora sotto quel tetto fatale. Riuscirò a parlarle, le dirò tutto ciò che mi rode il cuore...

Intanto lavorava. Era una giornata triste, livida e fredda. Verso sera soffiò il vento di tramontana, e Pietro volle accendere il fuoco. Ma si accorse di aver smarrito l’acciarino, probabilmente durante la sua gita a Nuoro, e si avviò verso una capanna di contadini nuoresi che lavoravano un terreno limitrofo al terreno seminato da lui.

Voleva domandare in prestito un acciarino o farsi dare un tizzone ardente.

La notte era fredda e buia; giù dai monti di Orune la tramontana gelata soffiava con impeto pazzo. Pietro trovò i contadini riuniti intorno ad