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Verso l’imbrunire Maria preparava la cena; poi, se la sera non era troppo fresca, i due sposi vagavano ancora un po’ qua e là. Qualche lucciola brillava, immobile sull’erba, come un misterioso fiore notturno, e pareva riflettesse lo splendore verdognolo delle prime stelle tremolanti sul cielo ancora violaceo. Tutto taceva e odorava; le estreme foglie delle quercie tremolavano, vicine agli astri; il pastore dalle vesti selvagge, accoccolato davanti alle mandrie, recitava il rosario. Poi i due sposi si raccoglievano nel loro letto di felci, e la notte soave spiegava le sue ali di velo sulla natura addormentata.

Così i giorni passavano.

Uno dei pastori, il più giovine, un ragazzo malaticcio e silenzioso, recava ogni sera a Nuoro il prodotto giornaliero delle vacche, e la mattina dopo ritornava con le provviste che zia Luisa mandava agli sposi. Ogni giorno zio Nicola mandava a dire che sarebbe presto venuto, ma non arrivava mai.

Nessuno turbava l’idillio primaverile dei due sposi: solo qualche pastore vicino veniva a visitarli e qualche viandante nuorese s’indugiava un momento nel loro ovile. Però Turulia, il pastore anziano, litigava spesso con Francesco per cose da nulla. Con Maria si mostrava affettuoso e premuroso, lamentandosi spesso con lei per la pedanteria e le esigenze del padrone: di notte si acco-