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la via del male 65


Di notte la solitudine, per uno strano effetto, si animava alquanto, o almeno non era così estesa e completa come di giorno.

Fuochi di altri contadini brillavano nella vallata; s’udivano tintinnii di gregge; qualche voce umana e qualche latrato di cane risuonavano nel silenzio della notte, portati dal vento.

E una figura di donna, un fantasma di bellezza e di piacere, illuminava e rallegrava i sogni di Pietro come il fuoco profumato del ginepro illuminava e rallegrava la capanna desolata.

La terra fu tutta arata e quasi tutta seminata. L’inverno lucido e freddo dissipò le nebbie autunnali.

A giorni pioveva, ma per lo più il tempo mantenevasi freddo e asciutto.

La tramontana sbatteva le sue grandi ali ghiacciate, su dai monti d’Orune; Pietro spandeva intorno a sè la semente che il vento portava lontano e la terra accoglieva sempre.

Anche i suoi pensieri si sparigliavano così, ma cadevano sempre sullo stesso terreno.

Da qualche giorno egli si sentiva allegro; aveva ripreso a parlare con Malafede, aveva sorriso passando davanti alla pietra sulla quale si era una volta inginocchiato.

— Coraggio, — diceva ai buoi, — fra poco avremo finito il lavoro. Verrà Natale; canteremo con zio Nicola e ci prenderemo una sbornia solenne.