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la famiglia in villeggiatura. Si lasciò in casa la vecchia serva patriarcale, e si prese in sua vece una ragazzona agreste e ardente come un corbezzolo sanguinante di frutti.

Quando si arrivò alla famosa stazione termale, lei sola, delle donne, non si sgomentò nel vedere che si trattava di una casa solitaria e malandata, in pieno deserto, senz’altra popolazione che i pastori dei dintorni, uno dei quali, al servizio del proprietario della sorgente, ci consegnò le chiavi. Si respirava intorno l’odore nauseante e l’umidità calda dell’acqua solforosa; il tutto però si sperdeva nella grande aria di fuori, nell’estate primaverile dell’altipiano fiorito di asfodeli e di verbasco.

La casa era stata messa tutta a nostra disposizione, e con meraviglia ci si accorse che dentro, come nelle case delle fate in mezzo al bosco, nulla mancava per viverci comodamente: neppure il latte ed il coscio d’agnello offerti dal pastore; neppure le tovaglie ed i quadri, dei quali ricordo una verdognola Madonna della Solitudine, con un grande vestito ed un manto che parevano una capanna di frasche, e che ci accolse come la Signora del luogo.

La serva aprì le finestre ed esplorò tutte le stanze: si sentivano risonare i suoi passi sui pavimenti di legno, ed i suoi gridi di soddisfazione: gridi che, quando ella penetrò nella soffitta, si cambiarono in richiami di soccorso.