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di seta rosa. S’era stacciata il bavero di pelo sulla bianca gola palpitante, e una goccia di sudore le brillava sulla tempia destra. Disse, quasi piangendo:
— Che disperazione, signora! Mi ha fatto correre come un cavallo: e tutti si fermavano a guardare.
— Pazienza: è la sua età — disse la nonna, chiudendo prudentemente la porta. Ma anche lei tentò invano di raggiungere il discendente e farsi dare o almeno dargli un bacio.
— Marino? Bello! Marino? Signorino!
Ai richiami suoi affettuosi ed alle energiche esclamazioni della signorina, egli rispondeva frustando quanto gli capitava sottomano; finché, guidato dall’odore delle frittelle, non arrivò davanti al loro monticello d’oro e vi si fermò estatico: poi, istintivamente, alzò il frustino; ma lo riabbassò, piegandosi sul vassoio miracoloso.
— Tu, — domandò, con la sua voce un po’ gutturale, rivolgendosi alla vecchia signora accorsa in difesa delle frittelle, — tu sapevi che venivo?
— No, amore; la tua mamma non mi ha scritto niente.
Trattandosi della mamma, Marino cominciò a fare smorfie e atti strani: poi diventò pensieroso.
— Che vuoi? — disse, parlando come un grande. — È uno dei suoi soliti capricci: bisogna compatirla.