Pagina:Deledda - La vigna sul mare, 1930.djvu/86

Da Wikisource.

— 80 —

zione di cattiveria in quella risata che sorprese l’ingegnere: la Gilsi stessa dovette capirlo, perché subito s’irrigidì, anzi si fece triste. Piegò la testa, parve ricordarsi di qualche cosa: e in quell’atteggiamento ebbe una strana rassomiglianza con l’aquila inchiodata alla parete.

Poi si scosse, e con la sua voce pacata, che pronunziava le parole quasi misurandole, disse:

— Adesso le dirò una cosa che la sorprenderà. Abbia pazienza, però, e non ci giudichi male. Io e la mia mamma siamo comproprietarie della miniera, e disposte a disfarcene, per un prezzo onesto, s’intende: ma nulla possiamo fare senza il consentimento del nonno paterno. Il primo e vero padrone è lui; e con lui bisogna trattare e cercare di convincerlo. Non è solo lei che tenta l’acquisto; abbiamo altre proposte, vantaggiose anche. Egli però è restio. Non perché voglia fare una speculazione, ma per ragioni che io non so riferirle, e che egli solo potrà spiegarle bene.

— E dove si può parlare con questo signore?

Come la madre nel sentirsi chiamare «signora Gilsi», ella ebbe un’ombra di vergogna negli occhi, vinta però subito da una fierezza naturale che rasentava l’orgoglio.

— Ah — disse, sorridendo. — Lei dunque non ha capito che il mio nonno è il vecchio che fa da guardiano alla miniera?