Pagina:Deledda - La vigna sul mare, 1930.djvu/98

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allo scrittoio, al posto del proprietario morto: vide una carta asciugante, seminata di parole e di cifre alla rovescia, ed ebbe l’impressione che quei geroglifici significassero qualche cosa che lo riguardava, ma che non riusciva a decifrare.

Anche negli occhi del vecchio, a momenti buoni a momenti torbidi, scorgeva un non so che di strano, come se il Gilsi avesse una gran voglia di parlare, di spiegare tante cose, e non ci riuscisse. Bisognava aiutarlo, destare la sua confidenza con la confidenza.

— Senta, — disse, dandogli per la prima volta del lei, con rispetto sincero, — io ritengo che ci si possa intendere facilmente. Anzitutto si farà una perizia: lei non ha nessuno a cui possa affidarsi? Riguardo a me, troverò un uomo onesto.

Il vecchio, in piedi a fianco dello scrittoio, piegò la testa, parve pensare, disse:

— Devo prima raccontarle una cosa. La miniera, prima che mio figlio cominciasse a scavare, apparteneva a me esclusivamente. Già da tempi lontani era proprietà della mia famiglia; mio nonno fece, per primo, un assaggio: scavò da sé una buca e trovò subito il minerale; ma disse che ne era venuta fuori una colonna di fumo, e una voce gli aveva gridato: «Vattene, se vuoi evitare sfortuna; continua a fare il pastore, che sarà molto meglio per te». Ed egli, che era superstizioso, chiuse la buca. Anche mio