Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/138

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e il viso sollevato sui pugni. La terra sentiva i palpiti del suo cuore, ed erano finalmente palpiti di dolore sconsolato e di pietà senza fine. Il cuore selvaggio e senza freno parlava alla terra, e la terra riferiva il messaggio a quell’altro cuore spezzato che riposava finalmente sul suo grembo materno.

— Fratellino mio, perchè hai fatto questo? Ma è vero che lo hai fatto? Potevi dirmelo, Andrea, malaugurato! Se tu mi dicevi: «la donna la voglio io», sì, te la cedevo, me ne andavo lontano. Non volevo andare io a fare il soldato, in cambio tuo? Tu non hai voluto: dicevi che la legge non lo permetteva. Oh, fossi andato io, in cambio tuo! Tu sposavi la tua Vittoria e tutto andava bene. Tante altre donne, c’erano, per me! Ma è vero che hai fatto questo? Io non ci posso credere, fratello mio; è impossibile! Non pensavi a nostra madre, disgraziata? E anche a lui, al cinghiale superbo, non pensavi? Egli ci ha fatto tanto male, con la sua superbia; ma è vecchio, adesso, è malato: non ci pensavi? Tu sei stato sempre così; non pensavi mai a niente, benchè tu avessi studiato: mai a niente! Quando sei venuto la prima volta, lo ricordo come fosse oggi, io stavo all’ombra della tamerice, seduto per terra, e limavo un chiodo di canna per il mio carretto di ferula. Tu gridasti, di dietro il tronco del sovero: ohiò — ed io mi spaventai. Credevo che tu volessi farmi paura; invece tu ti avanzavi piano piano, a viso chino, come cercando qualche cosa per terra, e sedesti accanto a me, silenzioso, guardando quello che