Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/177

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— Madre, è inutile gettare le parole al vento. Io Battista non la voglio; non voglio nessuna donna del mondo. Non mi pungete il cuore.

La madre allora sospirò e tacque; ed egli incrociò le mani sotto il capo e i ricordi lo coprirono fitti, vivi come le stelle che gli pareva gli sfiorassero il viso.

Possibile che tutto fosse finito? Ah, no; a costo di dar fuoco allo stazzo di Vittoria e di passare attraverso le fiamme, egli voleva arrivare fino a lei.

— Sapete cosa vi dico, madre? — riprese dopo un momento. — Che finora sono stato come un agnello; ma adesso voglio cambiarmi in leone; voglio farmi rispettare, voglio lasciare l’impronta dove passo. Comincerò col dottore; voglio domarlo come gli ho domato il puledro; e se egli non lo capisce con la prima avvertenza, con la seconda gli farò schizzare le viscere dal cranio.

— Mikà! Misera me! — gemette la madre. — Tu perdi la ragione. È meglio, sì, che tu te ne vada nelle altre parti del mondo e ti salvi l’anima.

— No, perdio, non voglio più partire. Perchè devo partire? Sono un disperato, io? Voglio restare e calcherò bene i piedi dove passo.

— Non alzare la voce, almeno!

— No, perdio! Voglio anzi gridare; guai, guai se le cose non vanno come desidero io, secondo giustizia! Farò come il vento, che spazza tutto.

Per non irritarlo oltre, la madre strinse il rosario nel piccolo pugno tremante e salì nella