Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/206

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— Se l'ho perduta colpa tua! Peggio per te!

— Ah, questo è vero: peggio per me! Tutto il male è venuto per me, sì! Mai ti avessi incontrato, mai avessi dato retta alle tue parole! Egli non sarebbe morto.

— E tu l’avresti sposato senza volergli bene. E poi...

Ella non rispose, ma ricordò la panchina del cortile ove si sedeva per pregare, e intorno alla quale i fantasmi degli adulteri la vigilavano di continuo...

Tacquero; e pareva non avessero più nulla a dirsi. L’ombra del passato cadeva su loro grave come la roccia che li nascondeva.

— Basta! — disse alfine Mikali, sospirando e battendo una mano per terra. — Non credere che io abbia un cuore di cane, Vittoria! Ho pianto anch’io, ma nulla ho da rimproverarmi. Ti ho fatto del male, io? Un altro, al mio posto, a quest’ora ti avrebbe intentato lite e portato via l’eredità; e se la giustizia non avesse provveduto... basta, non voglio neppure pensarci... a quello che poteva accadere... s’io fossi stato un altro! Ma io... (si sollevò fiero) io sono un uomo che non bada a simili miserie! Se Dio vorrà, diventerò ricco anch’io, col mio lavoro; e mia madre non farà più la serva.

— Mikali, — disse Vittoria, ricordando le parole del frate, — tu hai ragione; la roba che ho io è vostra. Riprendetevela. Io non la voglio. Io vorrei solo la pace; ma la pace non tornerà mai più dentro di me.

— Per me non c’è stata mai; pace. Ancora