Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/269

Da Wikisource.

— 261 —

per quella tosse ostinata che lo perseguitava, che gli risuonava dentro come un’eco, anche dopo che se ne andava, anche quando stava con Vittoria o vagava per le sue terre. A volte però lo assaliva il desiderio di prendere i piccoli piedi di Battista e baciarli domandandole perdono. Poi fuggiva, giurava di non tornare più, e l’indomani era di nuovo lì, attirato da un fascino irresistibile di giorno in giorno più angoscioso.

Una notte, mentre le donne chiacchieravano fra loro, s’accostò all’estremità del carro sulla cui asse Battista posava il braccio e la testa, e tentò di scherzare con lei.

— Battista! Ma hai perduto proprio la lingua?

Ella sollevò gli occhi senza rispondere. Quegli occhi! Grandi, luminosi alla luna, avevano le pupille come naufragate nelle lagrime; e si dilatavano e si restringevano, le pupille perdute, come tentando di nuotare, di salvarsi, e ricadendo sempre più giù nell’abisso della morte. Mikali si sbiancò; non seppe perchè gli parve d’essere ancora lassù buttato accanto alla macchia ove Andrea dormiva in mezzo al suo sangue.

— Battista, — mormorò chinandosi, — Battista, parla, dimmi qualche cosa...

Ella rispose con voce afona:

— A che serve parlare?

E chinò le palpebre livide, non lo guardò più, non parlò più. Ed egli sentiva già esalare dai capelli di lei, dalla bocca di lei, l’odore del se-