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gura gigantesca è ancora lì, bianca e nera davanti alle Sacre Immagini, davanti al piccolo Santo che pare gli offra le chiavi affascinato dalla voce potente, dallo sguardo dominatore di lui.

— Santu Paulu, Santu Matteu, Santu Juanne, — ella pregava cullando un poco il bambino che si lamentava sotto la mantiglia come un uccellino nel nido, — ecco ve lo offro, il mio agnellino appena nato, il grappolo d’uva ancora acerba; proteggetelo, ajutatelo, accompagnatelo, che egli diventi forte come Sansone e savio come l’Imperatore Costantino. Eccolo qui, come il dolce sul vassoio, come il fiore nel cespuglio: prendetelo, presentatelo a Dio: che egli diventi felice come il cervo che corre sui monti, bello come la luna che spunta; Santu Jacu, Santu Andrìa...

A questo nome lagrime di tenerezza e di rimorso le velarono gli occhi; le pareva di svenire; sedette per terra e diede il seno al bimbo, e come il bimbo che si abbandonava a una dolce sonnolenza pure continuando a succhiare, ella si abbandonò al suo dolore pure continuando a pregare. In fondo provava una voluttà triste a nutrirsi di quello che le sembrava il castigo di Dio per la sua colpa d’inganno e di tradimento: l’inganno e il tradimento di Mikali.

— Tutto ho provato, — diceva, continuando la sua offerta, — ma tutto vi offro, Signore mio, Santi miei. Neppure quello che le altre madri domandano posso domandare: che mio figlio rassomigli a suo padre. No, no, vi do-

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