Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/327

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co in cella. Che faccio io qui solo come una fiera?

Allora tutti e due cominciarono a rievocare i bei tempi passati; e sullo sfondo della collina rocciosa, al di là del chiarore del fuoco, credevano di veder passare le grandi ombre dei banditi famosi, con un rumore di cavalli al galoppo ed echi di urla ferine e di rombi di fucilate. De Rosas aveva un convegno notturno con la sua madre adorata; e la vecchia dolente gli domandava una grazia ed egli prometteva e giurava sulle reliquie che teneva sul seno che avrebbe tenuto la promessa.

— Figlio delle mie viscere, tu non farai male a nessuno degli abitanti di Cossoìne...

Un grido cupo come un tuono attraversò la notte. A Cossoìne vivevano i più feroci nemici di De Rosas e col giuramento fatto alla sua madre amata egli rinunziava al proposito di sterminarli. E per tutta la notte si aggirò nella foresta, colpendo i tronchi delle querce col suo pugnale, finchè, sfogato il suo dolore, cadde al suolo come morto.

E dopo De Rosas sorgeva il bandito Corbeddu, vestito di rosso e con la barba bianca. Ferito, col giubbone lacero i cui lembi si confondevano con le strisce di sangue che colavano dal suo petto rotto, cercava ancora di difendersi, dietro una roccia, come gli antichi padri fra i macigni dei nuraghes; e un fanciullo, poichè figure infantili sono sempre apparse nei quadri foschi di queste epoche barbare, gridava come la voce stessa della terra