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le tentazioni 191


Intanto Elias se lo trascinava dietro, di liquorista in liquorista, e lo incitava a bere piccoli calici di mescolanza (acquavite) nitida e ardente come diamante sciolto.

Sulle prime Antine rifiutava, torceva il viso, allontanava il calice con la mano; poi beveva per compiacere il padrone, per deferenza, per soggezione, poi per gusto.

Una gioia febbrile cominciò a bollirgli in cuore; e tutto gli girò attorno, ma in danza lenta e deliziosa. Verso sera tanto egli che Elias si trovarono ubbriachi come due contadini.

— Io devo tornare all’ovile, — disse Antine balbettando, e cercando il cavallo.

Elias rise sguajatamente, con gli occhi languidi, e rispose:

— Tu sei ubbriaco, non vedi? Sei ubbriaco come.... non ti dico neppur come. Dove vuoi andare?

— All’ovile. Mio padre aspetta.

— Chi è tuo padre? Un mio pastore. Resta dunque col tuo padrone, che egli non ti dirà nulla. Altrimenti lo caccio via.

— Del resto, anche tu sei ubbriaco! — gridò Antine adirandosi.